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giovedì 6 giugno 2013

Nanotecnologie e ricostruzioni pancreatiche aprono nuovi scenari per la terapia del diabete

Il diabete è senza dubbio una delle malattie del secolo, colpisce 366 milioni di persone nel mondo, è caratterizzato da alti livelli di glucosio nel sangue dovuti al non funzionamento o malfunzionamento del pancreas che non produce più insulina a sufficienza.
E' notizia recente quella di una ricerca effettuata sui topi (quindi ancora ad un livello di sperimentazione iniziale) nell'università del North Carolina a cui sono state somministrate nanoparticelle "intelligenti" in grado cioè di rilevare i livelli di insulina nel sangue e rilasciarne in caso di bisogno.
Qui l'innovazione elettronica e scientifica ci stupiscono ancora superando se stesse e permettendo di raggiungere obiettivi fino a pochi anni fa fantascientifici.
Questa straordinaria tecnologia ha permesso di mantenere i giusti livelli insulinici nei topi per ben 10 giorni, una bella differenza per la qualità di vita dei pazienti tra una somministrazione ogni 10 giorni e iniezioni di insulina da fare ad ogni pasto!
In pratica queste nanoparticelle hanno un core di insulina, quando il livelli di glucosio nel sangue sono elevati l'insulina viene rilasciata e la nanoparticella biodegradata.
In attesa di sperimentare questa tecnica ipertecnologica anche sull'uomo arriva da Milano un'altra notizia importantissima, al San Raffaele a 4 pazienti con diabete di tipo 3c, in cui cioè il pancreas era stato completamente rimosso, sono state prelevate cellule endocrine dal pancreas asportato e sono state impiantate nel midollo delle ossa del bacino dello stesso paziente.
L'organo così ottenuto è risultato funzionante, l'osservazione è durata per ora 3 anni e ha quindi dimostrato di essere efficace e sicura.
E' un risultato fantastico che potrebbe aprire molte nuove strade, si è infatti dimostrato che un tessuto non ematopoietico, come quello endocrino, può sopravvivere in un ambiente particolare come quello del midollo osseo che fino ad oggi era stato utilizzato solamente per accogliere trapianti di cellule staminali ematopoietiche come nella leucemia, grazie a questo studio ora si è aperta una nuova sperimentazione anche su pazienti con diabete di tipo 1 che sono sicuramente più numerosi.

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